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L’auto intervista rivelatrice

Stefano Bellesi intervista (indovinate un po’) Stefano Bellesi!

Attenzione: l’auto-intervista contiene alcune anticipazioni sul racconto “Scacchi Perversi”, quindi se siete finiti qui prima di averlo letto, scappate via e tornate solo dopo che lo avrete letto!

D: Allora, si può sapere chi diavolo è lei?
Uno dei miliardi di umani che popolano il pianeta.

D: Ma non dica banalità! Vogliamo sapere qualcosa di lei nello specifico!
E’ proprio sicuro che si tratti di una banalità? In fin dei conti, è ciò che tutti noi siamo.
Comunque, entrando un po’ nei dettagli..
A lungo nel settore della pubblicità, attualmente colpito dallo sghiribizzo della scrittura. “Scacchi Perversi” è il mio primo racconto, ma ho diverse altre idee curiose e spero di trasformarle a loro volta in racconti. Alto un metro e ottanta, di stazza un po’ troppo robusta. Vivo in provincia di Novara, ridente cittadina ai confini tra Piemonte e Lombardia. Anzi, tolga pure ‘ridente’: ora che ci penso, non mi pare di averla vista ridere spesso. Single. Adoro la mia gattina Sissi. Sono da sempre appassionato di fumetti, in particolare di comics Marvel e DC.

D: Come è nato il racconto “Scacchi Perversi”?
La prima stesura risale all’inizio del 2020, anche se l’idea di base mi frullava nella testa da un po’. In seguito ho ripreso in mano il racconto e fatto delle aggiunte significative, in particolare per quanto riguarda i personaggi delle due detective.

D: Gioca a scacchi?
Sì, nel senso che so (a malapena) giocare. No, nel senso che non ci gioco mai.

D: Mai commesso un omicidio?
Finora mai, né progetto di commetterne nel breve e medio termine (nel lungo termine siamo tutti morti, come diceva Keynes, e quindi il problema nemmeno si pone).

D: Rivedremo in azione le detective Suzy Morgan e Alexa Martinez?
E’ possibile.

D: In che città è ambientato il racconto?
Una città immaginaria degli Stati Uniti.

D: C’è una scena in cui una delle protagoniste si accende una sigaretta…
Non mi piace il politically correct.

D: Il bambino sull’aereo si chiama Stephen Bells, un nome che ricorda un po’ troppo da vicino il suo…
Confesso: quel bambino sono, anzi ero, davvero io. E quella è l’unica, piccolissima parte dell’intero racconto in qualche modo ispirata dalla realtà. Al posto dell’aereo metteteci un pullman che torna dalla riviera romagnola, e la rievocazione storica è servita. Per il resto, si tratta ovviamente di un’opera del tutto di fantasia.

D: Scriverà altro in futuro?
Sperò di sì. Come dicevo poc’anzi, ho parecchie idee per altri racconti. Quindi – salute permettendo – aspettatevi nuove e bizzarre storie. A tema thriller, horror, o un mix di entrambi.

D: Ci mostra una foto della gattina Sissi?
Se non me l’avesse chiesto, l’avrei fatto comunque!